(Articolo pubblicato nel numero di dicembre da L'informatore di Schio)
NON SIANO (SOLO) I POPOLI A PAGARE GLI EFFETTI DEI DISASTRI COMPIUTI DALLA FINANZA INTERNAZIONALE 

Un dato incontrovertibile che emerge in questa fase storica di enormi tensioni e di sommovimenti internazionali, riguarda la globalizzazione economica che è stata accettata come una naturale evoluzione del libero mercato e ritenuta funzionale per lo sviluppo dell’economia reale, mentre i fatti dimostrano l’opposto: cioé che la globalizzazione così com'è è un dogma che sta gradualmente depauperando i popoli europei.

Come ha spiegato il nobel per l’economia Maurice Allais è “da folli mettere in concorrenza aree economiche con un costo del lavoro troppo differente, in quanto necessariamente la competizione dell’area più “povera” porterà l’area più “ricca” a calare i salari, oppure direttamente a trasferire la propria produzione dove la mano d’opera costa di meno”. A questo stato di cose poi s’aggiungono gli effetti di una economia drogata dalle ciniche quanto calcolate alchimie finanziarie verso cui i governi nazionali rispondono fiaccamente o, nel peggiore dei casi, in linea con le direttive emanate più o meno direttamente dalle medesime sanguisughe usurocratiche.


Purtroppo, nessuno pare avere il coraggio di entrare in guerra contro questi veri e propri criminali! Le celebri agenzie di rating, per fare un esempio, hanno una forza politica illimitata e totalmente priva di controlli da riuscire ad azzerare la sovranità di una nazione già di per sé in larga parte defraudata. Possiedono un potere che a mio avviso è illegittimo perché non sono altro che delle società private a scopo di lucro con dei conflitti di interessi evidentissimi (vedi la crisi dei mutui subprime iniziata nel 2006 negli Stati Uniti), tra i responsabili di una speculazione finanziaria che negli ultimi anni ha mostrato il lato peggiore.
Se ci limitiamo a parlare della Madre Patria è banale rilevare che per decenni il potere politico gestito dal sistema partitocratico si è distinto colpevolmente per una cattivo modo di gestire il denaro pubblico. Usare i soldi dei cittadini per assicurarsi una rete clientelare utile a garantirsi un bacino elettorale, è stata una prassi che ha coinvolto tutti quei partiti che un tempo rientravano nel cosiddetto "arco costituzionale".

Sono fermamente convinto che le parole d'ordine di novecentesca memoria siano oggi più che mai fuori dal tempo, però è altrettanto vero che una soluzione plausibile che dovremmo sbattere in faccia agli ignobili agenti della tecnocrazia finanziaria è di riconsegnare allo Stato le chiavi di casa garantendogli per lo meno un ruolo più autorevole nei settori strategici di interesse nazionale, come il ripristino  della sovranità monetaria e ristabilendo il ruolo centrale ed il primato della politica sull'economia, intesa nel senso originario del termine come amministrazione della polis. Altro che privatizzare completamente l'Eni o Finmeccanica come qualcuno vorrebbe fare seguendo le svendite (sottolineo svendite) del patrimonio statale decise sul Britannia nel 1992 e dirette da una cricca di banchieri assecondati dai loro camerieri del centro-sinistra.

Mi rendo conto che non è una faccenda di poco conto muoversi in questa direzione e che la si può realizzare solamente all'interno del contesto di un’Unione europea che purtroppo è ancora molto lontana dall’essere un soggetto politico di primo piano.

Se la politica dell'austerità e delle tassazione introdotta dal governo dei bankester a guida Mario Monti  ha lo scopo di ridurre il debito pubblico per arrivare alla meta del pareggio di bilancio, è altrettanto vero che questa crisi finanziaria non può essere pagata esclusivamente dalle classi popolari e dai ceti medi, altrimenti il rischio concreto è di diminuire ancora ulteriormente il potere d’acquisto dei cittadini aumentando di conseguenza la pressione deflazionista sui salari. Il che significa solo una cosa: ancora disoccupazione e aumento del deficit. Checché se ne dica su un punto non si possono cedere posizioni: i sacrifici si accettano e si affrontano se si colpiscono anche le cause e le origini del "male" chiamando a risponderne i responsabili; altrimenti, se il disastro creato dalla finanza cosmopolita internazionale verrà pagato solo dai popoli, tutte le misure dibattute rimarranno solo dei pannicelli caldi, utili forse ad affrontare l’emergenza ma inadatti ad una prospettiva futura che guardi oltre l'orizzonte.


Alex Cioni

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