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Schio, Cioni (FdI) attacca: “Recesso da AVA? Ipotesi irresponsabile. Il servizio pubblico non è un pallone da portarsi via quando si perde la partita”

  S i accende il confronto politico attorno all’ipotesi -circolata negli ultimi giorni - di un possibile recesso del Comune di Schio da AVA , la società pubblica che gestisce impianti e servizi ambientali dell’ Alto Vicentino . A intervenire è il capogruppo di Fratelli d’Italia a Palazzo Garbin , Alex Cioni , che definisce l’eventualità “politicamente grave e senza precedenti”. Secondo Cioni, la questione nasce dopo la netta sconfitta del Comune di Schio nell’assemblea dei soci, che a larga maggioranza ha approvato la fusione tra AVA e Soraris .    A fronte di quella decisione, “pensare di reagire come quel bambino che, non potendo più giocare, si porta via il pallone, è un atteggiamento che fotografa in modo inequivocabile l’inadeguatezza di questa amministrazione e della sua maggioranza” - afferma l’esponente di FdI. “Il futuro del servizio pubblico e di un impianto strategico dell’Alto Vicentino non può essere gestito con scatti emotivi. L’auspicio è che si tratti...

E' arrivata l'ora di mettere mano nel portafoglio. Allegriaaa!

 
PER LE IMPRESE E I CITTADINI A BREVE SOLO STANGATE  

L’impopolare ritorno della tassa sulla prima casa ha finito per monopolizzare il dibattito attorno all’Imu, la nuova imposta del governo Monti sugli immobili. Del tutto comprensibile, poiché gli italiani continuano a vivere come una sostanziale ingiustizia il dover pagare un’imposta sulla casa conquistata e sudata a prezzo di grandi sacrifici. Ma attenzione, l’Imu si applica su tutti gli immobili e non deve passare in sordina il fatto che la nuova imposta in arrivo va a colpire pesantemente l’economia reale, penalizzando i proprietari di piccole aziende e di negozi, che rischiano di finire sotto il livello di galleggiamento e di chiudere bottega.  Il meccanismo di calcolo è infernale: si rivaluta la rendita e il valore catastale secondo moltiplicatori aumentati mediamente del 60% rispetto all’Ici e poi si applica un’aliquota che di base è del 7,6 per mille ma può arrivare (decidono i Comuni) al 9,6 per mille. Il Sole 24 Ore ha fatto i calcoli per alcune grandi città: commercianti, piccoli imprenditori e professionisti pagheranno per negozi e uffici una tassa triplicata. Un esempio per tutti: l’imposta su un ufficio a Milano passa da 3.100 a 9.500 euro, su un negozio da 360 a 1120 euro. La musica non cambia per le altre città. C’è da aggiungere che la stessa Imu danneggia pesantemente anche il settore agricolo, laddove gli immobili rurali finora erano esenti.  Nella sostanza, l’Imu incide su un sistema produttivo già sfinito dalla crisi e appesantito da adempimenti fiscali e burocratici. Per molti commercianti potrebbe essere il colpo finale. A meno che non arrivino segnali dal governo di un impegno concreto e sollecito in direzione dello sviluppo.

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