GOVERNO, MENO PROMESSE PIU' FATTI
Corrado Passera ammette la propria ansia per “28 milioni di italiani che vivono la crisi”. Si tratta in pratica di metà della popolazione “tra cui” dice ancora il ministro dello Sviluppo “sette milioni non hanno un lavoro sicuro o sufficiente”.
Parole apprezzabili, se non fosse che provengono dalla stessa persona che il 24 maggio scorso aveva annunciato quattro decreti davvero in grado di rilanciare la crescita e il lavoro: la restituzione alle imprese dei debiti dovuti dallo Stato.
Si sarebbe dovuto partire con 20-30 miliardi, su un totale di oltre 80, attraverso compensazione tra crediti vantati dalle aziende e tasse dovute al fisco, o con garanzie bancarie, o con un fondo apposito della Cassa depositi e prestiti.
Era quanto il Pdl e Angelino Alfano chiedevano da tempo, anche a costo di passare per “difensori degli evasori”. Ebbene: che fine hanno fatto i decreti? La materia è avvolta nella nebbia: la Ragioneria dello Stato ci metterebbe del suo, riducendo da un milione a 700 mila euro il tetto di compensazione dei crediti Iva.
Quanto alle garanzie bancarie, siamo ancora alle intenzioni. Per le semplificazioni burocratiche non ci sono certezze. Nel frattempo, giovedì 31, il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco ha denunciato come “intollerabile e da ridurre appena possibile” la pressione fiscale su imprese e cittadini. Sottolineando il fenomeno sempre più evidente di credit crunch, la restrizione del credito bancario. Il nuovo presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha definito “per nulla risolto” il problema dei pagamenti dei debiti della Pubblica amministrazione.
Ora Passera promette un nuovo pacchetto spostando però l'attenzione sulle energie rinnovabili: “Mettiamo a disposizione 160 miliardi”. Senza nulla togliere all'importanza delle fonti alternative (peraltro pagate in bolletta dagli utenti comuni), basterebbe mantenere l'impegno su metà della cifra: quegli 80 miliardi che lo Stato deve appunto al sistema imprenditoriale. Abbiamo stima del ministro e apprezziamo le sue intenzioni; tanto più quando accolgono le nostre buone idee.
Ma non basta annunciare, bisogna fare. Se le aziende non hanno liquidi, non possono produrre e non assumono. I dati sull'occupazione diffusi venerdì dall'Istat parlano da soli: siamo al 10,9 per cento. Un anno fa, con il nostro governo, avevamo 2,3 punti in meno.
Ciò significa che 150 mila persone hanno perso il lavoro da quando non c'è più il governo Berlusconi.
Ovviamente l'Europa e la Merkel ci mettono del loro. Ma, che si tratti di soldi da restituire alle imprese, di riforma del mercato del lavoro, di scuola e di pubblica amministrazione, da questi tecnici con la maggioranza assicurata, ci aspettiamo non solo un'agenda di promesse, ma azioni concrete.
E non solo a Bruxelles o nelle conferenze internazionali, ma qui in Italia.
Il nostro senso di responsabilità non è mai mancato: ma a condizione che portino in Parlamento le misure necessarie, e le portino subito. Per l'aumento delle tasse bastarono due giorni.
Il Mattinale