Il Pd, dall'anti-berlusconismo al nulla

COSA ACCADE NEL PD: BERSANI E' IN GRAN CONFUSIONE

Il governo Monti sta mettendo in crisi il Partito Democratico con una incisività senza precedenti. 
La fragilità della segreteria Bersani, un volta scomparso il collante dell’anti-berlusconismo, mostra le debolezze di una classe dirigente profondamente divisa tra massimalisti e riformisti, cioè tra i diretti eredi del Pci e la componente cattolica e liberal, dunque tra coloro che faticano a staccarsi da Vendola e Di Pietro e quanti aspirano al disegno originario (veltroniano) per cui il Pd era nato. 
Il “pasticcio” che i vertici di via del Nazareno stanno offrendo sulla riforma del mercato del lavoro e sull’articolo 18, risulta esemplare. Veltroni prova pacatamente a sostenere che occorre guardare avanti e superare i “no” che da quindici anni immobilizzano la sinistra italiana (gli stessi che hanno impedito al Pd qualunque collaborazione con le idee riformiste dei governi Berlusconi) e viene massacrato da Stefano Fassina….
si capisce insomma che la marcia innestata dal duo Monti-Fornero sul tema del lavoro, colpisce il nervo scoperto del Pd e mette a rischio quel contratto non scritto che un tempo legava Botteghe Oscure alla Cgl e che, ancora oggi, vede la Camusso in grado di minacciare un tentennante Bersani. 
La sconfitta clamorosa di Genova alle primarie, dopo Milano, Napoli e Cagliari ha reso titubante il segretario nei colloqui con Alfano e Casini sulla riforma elettorale. La scelta di attenuare l’attuale bipolarismo e di virare verso un sistema proporzionale con un’alta soglia di sbarramento, che metterebbe all’angolo Di Pietro, Vendola il Pdci e Rifondazione, sembrava a portata di mano sino a quando le primarie liguri non hanno spaventato il povero Bersani. 
Attaccato da sinistra su Il Fatto come il “ leader dell’inciucio”, il capo del Pd cambia idea un giorno si e l’altro pure. Nostalgico di quel breve momento, prima del passo indietro di Berlusconi, in cui si illudeva di poter essere il candidato vincente di un grande cartello elettorale anti-cavaliere, oggi deve combattere contro i Veltroni, i Parisi le Bindi e i Fioroni, mentre la Camusso gli ricorda minacciosamente i suoi limiti invalicabili. 
Infine c’è Casini che alle lusinghe del Pd sembra preferire la navigazione in mare aperto verso formule di alleanza più congeniali ad un democristiano di centrodestra. Così la partita delle alleanze che qualunque riforma elettorale può agevolare o meno, a seconda di come viene concepita, ci rimanda un Bersani confuso e strattonato che non sa dove andare. 
Se poi osserviamo le difficoltà impreviste che procura al Pd l’appoggio sostanziale che proprio Berlusconi sta offrendo a Monti, la frittata è completa. 
Ma come? In passato Ciampi-tecnico era stato facile preda dei post-comunisti al governo e persino il “rospo” Dini era stato baciato da loro perché teneva lontano Berlusconi! 
Ora il film è cambiato con una velocità che il povero Bersani non comprende: se fosse vero, ad esempio, che sull’articolo 18 Veltroni la pensa come il Pdl, sarebbe come dire che Monti e Fornero la pensano come Berlusconi. L’ha detto Fassina, non noi.

- da Il Mattinale -
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Nota a margine: Il Pd è in evidente stato confusionale, ma ad onor del vero basta farsi un giro tra la gente e gli elettori del Popolo della libertà per capire che pure noi stiamo pagando a caro prezzo il sostegno ad un governo di sole tasse e funzionale agli interessi delle banche. Ma tan'tè...

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