19 LUGLIO 1992: UNA STRAGE DI STATO?
"Tra sangue e fiction una farsa nasconde la tragedia"
L'Italia con la lacrimuccia si riconosce ligia e conforme nei suoi
eroi. In quelli che, in nome della legge, combatterono la Mafia e da
essa vennero eliminati .
Oggi è il ventesimo anniversario della strage in cui perì Borsellino
con la scorta, eccidio che fece seguito di neanche due mesi a quello che
era costato la vita a Falcone, alla moglie e agli agenti che li
proteggevano.
Passati venti anni, l'Italia con la lacrimuccia che si fa bella dei
suoi eroi e che si crede ferma, vincente, libera dal male, o comunque
libera da gran male, è retorica, pietistica e patetica.
Ha deciso, quest'Italia da copertina, di ignorare che la Mafia da noi
fa il bello e il cattivo tempo dal 1943, da quando cioè gli americani
“liberatori” la rimisero in sella e le affidarono il controllo non della
sola Sicilia ma di gran parte dei traffici italiani.
Finge di non sapere, quest'Italia benpensante, che la Mafia fornì
l'ossatura del sistema politico democratico e contribuì pesantemente a
“ricostruire” l'Italia. Ovviamente come espressione geografica.
Ha deciso di scordare, quest'Italia dalla facile retorica, che la
Mafia su cui avremmo frattanto “trionfato” altro non è che il suo
retaggio arcaico e refrattario, quello che, in collegamento oltre oceano
con i Gotti e i Gambino, vent'anni fa aveva tentato di rifiutare quella
“modernizzazione” che avrebbe poi visto passare le famiglie vincenti
dal pizzo al franchising e all'internazionalizzazione finanziaria dei
traffici più abietti.
La Mafia di cui l'Italia retorica avrebbe “trionfato” dopo le stragi
era quella che cercava di mantenere la centralità delle rotte tirreniche
del narcotraffico nazionale e non voleva adeguarsi, in un guadagno di
gran lunga maggiore ma spartito con mafie estremo-orientali, albanesi,
mediorientali, americane e israeliane, all'attrazione nell'area
adriatica e nella Via della Seta di nuovo giudicata strategicamente
essenziale colà dove si puote quel che si vuole.
Quest'Italia che sulle memorie delle macerie di vent'anni fa innalza
la propria statua in un'autoreferenzialità vacua e beota finge poi di
non accorgersi che i valori più spiccioli del malaffare mafioso sono
oramai diffusi e comuni in tutti gli aspetti sociali, culturali,
politici, di tutti i giorni.
Dalla Mafia l'Italia che celebra i suoi trionfi ha infatti mutuato
tutto. Anzi ha mutuato solo il peggio perché dell'onore, che, per
quanto distorto, tanto posto trova nella retorica mafiosa, l'Italia di
oggi non ha la più vaga percezione o rimembranza. E celebra. Mentre
muore, mentre il governo d'occupazione la spoglia di tutto, mentre va
alla deriva.
L'Italia con la lacrimuccia dovrebbe riprendersi e allora sì che avrebbe da lacrimare, a singhiozzi.
Gabriele Adinolfi