Il Governo boccia il Veneto. Abolito il fondo per le vittime di rapine

SUBISCI UNA VIOLENZA?. NESSUN INDENNIZZO ALLE VITTIME DI REATO     di Alex CIONI
Dopo l'impugnazione della Presidenza del Consiglio dei ministri, la Corte costituzionale ha cassato la norma voluta dalla Regione Veneto che prevedeva un contributo per le vittime di reato.
Sull'onda dei casi eclatanti alla Stacchio o di Ermes Mattielli, il Veneto decise perciò di aiutare economicamente le vittime di furti o di violenze, cioé di coloro che si trovano per di più nell'infelice posizione di doversi difendere dalla violazione della proprietà privata.
La normativa prevedeva l'apertura di un fondo per contribuire all'assistenza legale delle vittime di un delitto "contro il patrimonio o contro la persona, siano essi accusati di eccesso colposo di legittima difesa o di omicidio colposo per aver tentato di difendere se stessi, la propria attività, la famiglia o i beni".
Dal punto di vista del Governo, appellatosi alla incostituzionalità della norma, ci sono indubbiamente delle ragioni giuridiche lapalissiane. 
Pur tuttavia, la questione non riapre solamente l'annoso dibattito sulla legittima difesa, riapre altresì, la partita relativa ad una serie di inadempienze dello Stato italiano verso il mancato recepimento di numerose obbligazioni Comunitarie propedeutiche a fornire assistenza alle vittime di reato e più in generale per la creazione di un sistema di indennizzo i cui beneficiari siano "tutte le vittime di qualsiasi tipo di reato intenzionale violento commesso all’interno del territorio italiano". Sistema di indennizzo che andrebbe a tutelare non solo gli italiani, bensì tutti i cittadini comunitari. 
Attualmente, invece, la legislazione italiana è tanto contraddittoria quanto complessa, al punto che garantisce speciali elargizioni (nei fatti poca roba) esclusivamente per alcune tipologie di reato, senza contare che all’interno di questa galassia di tutele si verificano non poche discriminazioni fondate sulla natura o l’epoca del reato.
Il dato politico che balza agli occhi è a mio parere questo: ci troviamo di fronte ad un Governo che contesta nel merito la Regione Veneto per un provvedimento forse tecnicamente sbagliato ma politicamente sacrosanto, quando è lo Stato stesso ad essere inadempiente verso i propri cittadini, prima ancora che nei confronti di una direttiva europea.
Questa direttiva prevede che in tutti i Stati membri i reati non comportino solo delle responsabilità individuali, bensì delle responsabilità oggettive dell'ente pubblico, dal momento che se qualcuno ha subito un torto, evidentemente è venuto meno il funzionamento dei sistemi di prevenzione e di protezione che lo Stato dovrebbe garantire ai propri cittadini. Questo passaggio è cruciale: vuol dire che se sei vittima di una violenza, di qualsiasi natura essa sia, lo Stato ha delle responsabilità oggettive, perciò ha dei doveri da saldare nei confronti della vittima.
Come suddetto, in Italia sono previste alcune forme di indennizzo per taluni tipi di reati, come i delitti di terrorismo e associazione mafiosa, mentre i pochi spiccioli eventualmente versati per rimborsare le spese mediche e assistenziali riguardano solo i titolari di reddito “non superiore a quello previsto per l’ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato” ovvero di € 11.528,41.

Il punto della questione, al netto dell'indennizzo, è anche un altro. Chi subisce una violenza viene lasciato da solo ad affrontarne gli effetti, siano essi di natura materiale, morale, o psicologica, quando uno Stato serio dovrebbe prevedere un percorso socio-sanitario volto a soccorrere la vittima aiutandola con dei professionisti (medici, psicologi e quant'altro) ad affrontare ogni aspetto problematico sorto a margine della violenza subita. 
In conclusione è facile rilevare che quanto successo tra Stato e Regione manifesta la tipica scenetta del "bue che da del cornuto all'asino". Giuridicamente il Governo aveva le carte in regola per impugnare e poi cassare la normativa veneta, ma nel contempo è il Governo stesso ad essere inadempiente con le normative comunitarie (non sempre sbagliate). Risulta perciò evidente a tutti che siamo ad un corto circuito istituzionale oltre che politico, perciò lo Stato non può pensare di chiudere la questione sollevata con il Veneto liquidandola con delle motivazioni di natura giuridica e costituzionale. 

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