Caos democratico

 
 MA FAMIGLIE ED IMPRESE NON POSSONO PIU' ASPETTARE

“Il nostro tentativo è una strada stretta”. Scopre l’acqua calda Bersani, in fondo alla strada stretta c’è il muro di Grillo contro il quale ha deciso cocciutamente di mandare a sbattere non solo il Pd, non sarebbe un gran danno, ma l’intero paese. 
C’è da salvare l’Italia prima della sua poltrona di premier “vincitore-perdente” delle elezioni, ci sono i problemi della gente, ci sono le aziende che crepano e le famiglie che non arrivano alla fine del mese. 
E Bersani sceglie di non voltarsi dall’altra parte nel momento in cui si moltiplicano i segnali che parlano, per imprese e famiglie, non di una strada stretta ma di un vicolo cieco.
Eccoli. Famiglie. 
Nei primi nove mesi del 2012 (dati Istat-Cnel) la quota delle famiglie indebitate, stabile al 2,3% fino al 2011, è triplicata passando al 6,5%: il più frequente ricorso al debito è stato generato da mere esigenze di spesa con importi più bassi, un dato che conferma la crescita esponenziale del disagio economico in direzione del ceto medio. 
Le persone in difficoltà economica sono sette milioni, il potere d’acquisto è crollato di oltre il 5%, la propensione al risparmio è crollata all’11,5% nel secondo trimestre 2012. 
Imprese.  
Anche ieri Confindustria ha lanciato un nuovo allarme di “credit crunch”: si stanno chiudendo ulteriormente i rubinetti del credito da parte delle banche, dalle quali c’è poco da attendersi poiché sono in forte sofferenza. Il 57% delle piccole e medie imprese (indagine Crif) è a rischio di solvibilità. 
Per molte di queste il vero nodo è rappresentato dai crediti verso la pubblica amministrazione: 71 miliardi quelli certificati ad ora da Bankitalia, ma altre indagini fanno crescere questa cifra a 90/100 miliardi. Le contromisure mese in campo dal governo Monti e tanto pubblicizzate, a partire dalla certificazione di quei crediti per ottenere presti dalle banche, sono arenate nelle paludi della burocrazia. 
Chi lavora con la PA si è visto riconoscere nel 2012 il 31% dei pagamenti in meno, con percentuali fino al 45% nei rapporti con le Province. C’è di peggio: la settimana scorsa Equitalia (per favore, cambiamogli nome, perché di equo non c’è nulla) ha aumentato dello 0,50% il tasso, ora al 5,50%, per il pagamento delle cartelle esattoriali e quindi degli importi che imprese e famiglie hanno rateizzato per avere un po’ di respiro. 
E il Consiglio di Stato ha contemporaneamente stabilito con sentenza che le imprese che rateizzano il debito con il Fisco non potranno partecipare alle gare d’appalto. 
Lo Stato chiude cioè la porta degli appalti e del lavoro alle imprese costrette a pagare a rate perché quello stesso Stato si dimostra cattivo pagatore. 
Assurdo e vergognoso. Quei crediti sono in grado di salvare, se erogati, decine di migliaia di aziende, ma per fare questo occorrerebbe l’intervento rapido di un governo che non c’è e rischia di non esserci. 

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