In memoria di Carlo, Sergio, Enrico...

NO AL TORCICOLLO, NO ANCHE A COMPORTAMENTI DA SMIDOLLATI E INDECOROSI CHE COME HA DIMOSTRATO AMPIAMENTE AN NON PAGANO, ANZI.


Sergio, sono quarant'anni che sei volato via in modo straziante, dopo un'agonia durata quarantasette giorni. Caduto in un agguato, sotto casa tua, ti avevano fatto letteralmente a pezzi con le chiavi inglesi. Erano universitari ed erano adulti, venuti apposta per linciare te, studente del liceo, perché osavi professare un ideale che volevano cancellare dalla faccia della terra.
Al consiglio comunale di Milano, quando sopraggiunse la notizia della tua morte, batterono le mani. Sì, batterono le mani. Erano fatti così, come la canaglia che trent'anni prima esultava per la mattanza degli italiani battutisi contro l'invasore che veniva dal sud e che poi non se n'è più andato.
Enrico, trentanove anni fa, un commando armato di carogne rosse ti uccise con un colpo alla testa mentre passavi in auto: era un modo come un altro per festeggiare l'anniversario dell'assassinio di Sergio.
Carlo, sono a disagio nel darti del tu ma non saprei che altro pronome personale adoperare, fosti eroe e cieco di guerra, la tua colpa era di essere esempio. Settant'anni fa quei liberatori che le istituzioni oggi esaltano nel fastidio conclamato del 58% degli italiani e con il sostegno tiepido di poco più di un italiano su quattro, ti assassinarono con un colpo alla nuca.
Ramelli, Pedenovi, Borsani: il 29 aprile sembra proprio una data maledetta per Milano.
Ogni anno in città si tiene un corteo per onorarvi. O meglio, si teneva. Quest'anno in previsione dell'Expo e in concomitanza con il settantennale della messinscena mistificatrice della “liberazione”, è stato vietato. In previsione di ciò la Magistratura aveva incriminato alcune persone che l' anno scorso avevano osato rivolgervi il saluto romano. Anche se la Cassazione espresse più volte sentenze in senso contrario, con notevole disinvoltura siamo tornati in pieno clima d'Epurazione. D'altra parte non è per caso se si hanno le Boldrini.
Sergio, Enrico, Carlo, il corteo che ci sia o no non è un problema, visto che l'omaggio Milano ve lo tributerà lo stesso; non lo sono neppure il clima da epurazione e la rinata caccia alle streghe. Non c'inquietano, non ci spaventano. Vogliono approntare nuovamente il rogo? Siamo pronti a bruciare ancora perché nelle vene abbiamo il fuoco.
L'unico problema vero è quel clima subdolo, sdrucciolo, accomodante che si respira in ambiti che dovrebbero essere a voi vicini. Oggi che le Istituzioni e l'Anpi faticano a proporre agli italiani la loro retorica stucchevole, che la grande maggioranza dà segni d'insofferenza, che più di un esponente politico dice che non se ne può più, proprio laddove si dovrebbe dire basta scorgo un po' ovunque delle “aperture”.
Parlano di “pacificazione”, distinguono tra antifascismo e antifascismo, danno per scontate le colpe fasciste e buona parte della critica dogmatica voluta dal vincitore, fanno l'apologia stolida della democrazia. E se permettete, Sergio, Enrico, Carlo, io sono disgustato. Non perché voglia restare al tempo dei vostri martirii, non perché sia schiavo del passato. Non si tratta di vivere con il torcicollo, non si tratta neppure di non voler superare gli steccati e men che meno di volersi rinchiudere in un ghetto protetto da mura e filo spinato.
Li ho sempre superati e non sono stato il solo. Con il nemico che ti ha combattuto e che hai combattuto, purché abbia statura morale, puoi assolutamente parlare, anche intenderti. La storia della civiltà è questa.
Ben altra cosa è l'ammucchiata vergognosa, lo scomposto ricercare un cenno di assenso, di consenso, da parte di chi è depositario della memoria dei vostri assassini.
Un comportamento vergognoso, smidollato, complessato che – come ha ampiamente dimostrato la storia di Alleanza Nazionale – oltre a essere indecoroso, non paga.
Li osservo invece strisciare e muoversi tortuosi sperando in una “pacificazione” e in una “memoria condivisa” che si tradurrebbe nella ripetizione ideale da parte loro del gesto che, Carlo, fu compiuto sul tuo corpo quando fu gettato nella spazzatura.
Oggi che ogni cosa dà ragione a voi, e mi permetto di dire, anche a me, oggi che l'antifascismo irrita la gente, oggi che la democrazia e l'atlantismo hanno ampiamente dimostrato quali cloache putrescenti e disastrose siano, oggi che si sente forte l'impulso di una nuova sintesi, ovvero di quella scintilla fatta di essere e divenire che il fascismo espresse e che non può non proporsi in forma rinnovata ma con l'essenza immutabile, il riscoprirmi ancora attorniato da nani, da confusi, da piccoli calcolatori, da gente di statura infima m'indigna. 
E ritengo che questa sia per voi la peggiore offesa, più degli applausi alla tua morte, Sergio, più del vile gesto partigiano sulle tue spoglie, Carlo.
Il giorno dopo il tuo assassinio, Enrico, su di un muro di Roma una mano scrisse:
“Il 29 aprile gagliardetti al vento. E' morto un camerata ne nascono altri cento!”
Questo è oggi il mio auspicio nel rendervi onore. La genia sembra essersi interrotta, è il caso che rinasca e che come Ulisse ripulisca al più presto Itaca dai Proci che si atteggiano a quello che non sono, perché di fascista non hanno (più?) nulla ma sono invece perfetti come anagramma di porci.

Gabriele Adinolfi

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