L’Italia è morta, qualcuno avvisi gli italiani…

SEMPRE CHE NE RIMALGA QUALCUNO

Le scene impietose di Roma e dintorni sommerse dall’acqua e dai rifiuti di ogni genere, tossici e non , che inondano le campagne intorno alla Capitale non potrebbero essere più eloquenti.
Se la Capitale d’Italia è ridotta in ginocchio per 3 o 4 giorni di pioggia, cosa normalissima in tutte le capitali d’Europa, vuol dire che siamo arrivati al capolinea. Ma non serviva di certo questo episodio tra mille a darcene conferma.
Corruzione diffusa a tutti i livelli, come ci ricorda, non senza una punta di compiacimento, la Commissione europea, una burocrazia clientelare e incistata nel sottogoverno di Città, Provincie, Regioni, municipalizzate ed enti di ogni genere e specie, servizi pubblici malfunzionanti e adoperati solo per drenare altre tasse dai cittadini, una gioventù ridotta, a parte alcune minoranze, ad automi inebetiti da Internet e dalla televisione.
Questa è l’Italia di oggi, oppure così è anche se non vi pare: una palude melmosa dove la regola è quella della mera sopravvivenza quotidiana di un popolo ridotto a plebe nell’anima, senza speranze né guizzi, triste ed impiegatizio nei discorsi, nei rituali gesti ripetuti con miserabile stanchezza, nella sua rassegnazione meschina, che non si esalta per nulla, se non per qualche pettegolezzo sul politico di turno o qualche partita di calcio.
Una plebe volgare come solo i mediocri sanno essere, vigliacca e menefreghista, senza alcuna voglia di riscattarsi o quantomeno di migliorarsi, sempre in attesa che qualcun altro la tiri fuori dai guai oppure scenda in piazza contro “le ingiustizie” al posto suo, gentile con i forti e prevaricatore con i deboli, assertore di una furbizia o di uno “stellone” inesistente se non nella testa di qualche politico ciarlatano che ha ben capito con quale plebe ha a che fare.
Eh già,perché non cerchiamo alibi né scorciatoie cari italiani: se l’Italia è morta e qualcuno dovrebbe pure avvisarvi, la colpa è vostra, di nessun altro: non è dei politici, che voi avete votato, non è degli amministratori o dei burocrati corrotti, ai quali avete chiesto le raccomandazioni per i vostri figli e nipoti in cambio di voti o favori , non è dell’Unione Europea che vi strangola, perché siete stati, fino a poco tempo fa “europeisti” , per interesse economico, mentre oggi siete “anti” perché l’Europa dei tecnocrati i soldi li chiede . 
Non è nemmeno colpa dei “mercati internazionali” che fanno il loro lavoro da sempre mentre voi dormivate in piedi , convinti che un “eterno culo” vi avrebbe salvati .
Qualcuno, prima e durante la guerra e nel dopoguerra, di generazione in generazione, ha cercato inutilmente di scrollarvi dal vostro torpore inerziale, dimostrandovi con l’esempio, costellato di morti e di carcere ingiusto, di molti, di troppi, che l’Italia non è solo sole, mandolino, pizza, belle donne e calcetto il lunedì sera…ma è l’erede di qualcosa di Grande, di Nobile, di Alto, che rimanda a Roma , all’Impero e all’idea imperiale ,che si può declinare soprattutto in una proiezione europea e continentale che possa rinnovare l’Italia al suo interno, darle spina dorsale e rettitudine d’animo, fortezza di carattere e intraprendenza.
La riposta della gran parte di voi è sempre stata l’indifferenza se non il risolino ironico e compiaciuto del furbetto che ha capito tutto della vita ed oggi si ritrova inebetito tra le macerie, materiali e spirituali, nonché l’ostilità perché abbracciavate con veloce disinvoltura prima l’ideologia marxista e poi i suoi surrogati , in versione destrorsa postfascista, liberal o cattocomunista, sempre per stare alla “moda” di chi è più forte al momento, ed oggi non avete più “padrini”. Ora siete morti e con voi l’Italia anche se i politici per compiacervi vi illudono del contrario .
Siccome, però siamo stati “educati” in un certo modo e amiamo l’Italia, continueremo a non tacere, se non altro, per dignità verso noi stessi ed i nostri figli che vorremmo vivessero in un’altra Italia parte di un’altra Grande Europa. Voi fate come vi pare, semmai vi venisse un sussulto nel rigor mortis.

Carlo Bonney

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