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Schio – Via Verdi, Fratelli d’Italia: Va bene la sperimentazione, ma serve una regia complessiva. La nostra proposta: via Manin come accesso regolato da sud

L a questione della viabilità in via Verdi, utilizzata da anni come scorciatoia verso il centro storico nonostante il divieto ai non residenti in vigore dal 2010, torna al centro del dibattito politico.  I dati raccolti dal Comune a maggio 2025 parlano chiaro: oltre 1.000 veicoli al giorno, con il 70% che supera i 30 km/h. La giunta Marigo ha annunciato che dal 1° settembre al 31 dicembre sarà sperimentata l’inversione del senso di marcia, con entrata da via Manin/via San Gaetano e uscita verso via della Pozza, per ridurre i flussi non autorizzati. Per il gruppo consiliare di Fratelli d’Italia si tratta di un passo che può essere utile ma insufficiente se viene non inserito in un piano organico. “Via Verdi va alleggerita e lo diciamo da anni - afferma il capogruppo Alex Cioni - ma questo va fatto all’interno di una visione più ampia e funzionale della viabilità di accesso al centro. Può andare la fase di sperimentazione, ma serve congiuntamente una reale alternativa per chi arriv...

Effetto domino

ANALISI/ LA PROVOCAZIONE DI BERLUSCONI E IL RUOLO DEI PROFESSORI 
Il presidente Berlusconi ha cercato di mettere sul tavolo il problema forse usando un paradosso, ma nel palazzo dell’Unione Europea di Bruxelles non nascondono la verità: l’euro rischia la fine, come hanno detto ufficialmente anche ieri fonti bene informate. Molto dipenderà dal voto in Grecia del 17 giugno, ma dipenderà, ancor più, dalla soluzione che verrà adottata per aiutare l’altro grande ammalato, la Spagna.
Lo scenario è cambiato: fino a poco tempo fa l’epicentro della crisi era nei debiti pubblici, nei cosiddetti titoli sovrani degli Stati, ora è nelle banche. 
E qui sta il guaio: il Fondo di stabilità europeo può finanziare gli Stati nazionali ma non i privati. Alla banca spagnola Bankia mancano 15 miliardi di euro, un enorme buco da coprire con un aumento di capitale, ma il governo di Madrid non è in grado di finanziare l’aumento stesso perché dovrebbe emettere ulteriori titoli del debito pubblico in misura così robusta da superare l’1% del Pil, il prodotto interno lordo.

L’istituto di credito iberico rischia, così, di fallire con effetti negativi a catena. Già ci sono fughe di depositi dalle banche spagnole dopo quelle registrate in misura maggiore nelle banche greche. Non è senza significato che le Borse siano in picchiata, che gli “spread” tra i titoli di Stato europei e quelli tedeschi siano in aumento, che le grandi multinazionali stiano fuggendo dall’euro, che sia addirittura comparso sui monitor dell’agenzia internazionale Bloomberg il codice della dracma greca. Segnali devastanti che si aggiungono a un quadro fortemente depressivo dell’eurozona.
Ci vorrebbe una forte e precisa scelta politica dell’Europa per convincere i mercati che i vertici di Bruxelles sono pronti a dare battaglia per difendere la moneta comune. Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha fatto intendere che aprirà ancora i cordoni della borsa con un tacito consenso tedesco. Ma una manovra del genere non basta, c’è bisogno di molto di più: occorre riformare l’azione politica dell’Europa. 
Ed è qui che il governo italiano dei tecnici dovrebbe giocare la partita più importante perché il sistema Europa non può sopportare contemporaneamente l’uscita della Grecia e il default, eventuale ma ancora evitabile, della Spagna: si scatenerebbe il panico su tutti i mercati finanziari globali.
Ecco perché tutti chiedono al governo dei tecnici di andare al sodo e fare breccia sulla posizione intransigente del Cancelliere Merkel: la depressione economica dell’Europa meridionale sta colpendo anche la Germania Federale che non può più sopravvivere nel proprio splendido isolamento, con tutti i dati positivi sulla produzione e sull’occupazione, e continuare ad esportare allegramente in Paesi della stessa area dell’euro che proprio per colpa di quegli indici stanno ormai per morire di soffocamento.

Il Mattinale

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