SCHIO, STORIA DI UN IMMIGRATO ARRIVATO CLANDESTINAMENTE, DOPO 8 ANNI OTTIENE IL PERMESSO DI SOGGIORNO. UMANAMENTE NON SI PUO' CHE ESSERE FELICI PER QUESTO RAGAZZO, MA LO STATO HA IL DIRITTO E IL DOVERE DI IMPEDIRE L'INGRESSO DEI MIGRANTI ECONOMICI PER VIE ILLEGALI

di Alex CIONI 

«Sono venuto qui per cercare un futuro migliore e aiutare la mia famiglia». «Non ce la facevo più. Non avevo un futuro e non potevo aiutare i miei parenti. In famiglia siamo una cinquantina di persone, ho 20 nipoti». «Ad agosto vado in Mali a sposarmi. I miei genitori vogliono che porti anche la famiglia italiana che mi ha ospitato. Faremo una festa, poi tornerò qui» - si legge sulla pagine de Il Giornale di Vicenza.

Questo ragazzo è una delle centinaia di migliaia di persone arrivate in Italia clandestinamente per motivi economici ottenendo, dopo 8 anni, il permesso di soggiorno pur non rientrando nella categoria dei rifugiati. Dal punto di vista umano sono felice per lui e gli auguro il meglio.
Tuttavia questa storia conferma che i flussi di migranti che giungono sulle coste siciliane o calabresi, seguendo la rotta del Mediterraneo, interessano per lo più persone che "ci provano" pur non avendo le carte in regola per essere ospitati come rifugiati.
Lo stesso Siaka Sidibe, davanti ai giudici ha affermato che per lui sarebbe stato pericoloso tornare a casa salvo poi, una volta ottenuto il permesso di soggiorno, informarci che tornerà a casa per sposarsi. Delle due l’una!
Comunque sia, buona fortuna a questo ragazzo, che a differenza di molti altri, finiti per ingrossare le reti dello spaccio per conto di clan criminali, si è rimboccato le maniche vivendo una vita onesta e nel rispetto delle nostre leggi.
Deve però essere chiaro che il governo italiano ha tutto il diritto di far rispettare le leggi vigenti che definiscono chi può o meno entrare all’interno dei confini nazionali, come ha il diritto di espellere chi utilizza canali illegali gestiti da organizzazioni criminali.
Fermare l'immigrazione clandestina è un diritto di qualsiasi Stato sovrano, ancorchè a sovranità limitata come il nostro.

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