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Eccidio di Schio. Marigo parla di dialogo, ma impone confini alla memoria. Chi decide cosa si può ricordare?

L e parole del sindaco Cristina Marigo sul Patto di Concordia Civica rivelano una contraddizione profonda e inaccettabile. Nel solco del doppiopesismo ipocrita già visto con il suo predecessore, da un lato parla di dialogo e auspica unità. Dall’altro, afferma che chi “non ha nulla a che fare con il significato profondo della giornata” dovrebbe restare a casa. Ma chi decide quale sia questo “significato profondo”? Il sindaco? L’ANPI? Una parte politica? È questo il concetto di concordia che si vorrebbe rilanciare? L’eccidio delle carceri di Schio del 6-7 luglio 1945 non è un dettaglio né una semplice ferita: è una strage. Un crimine a guerra finita, come tanti altri compiuti da partigiani comunisti ben oltre la conclusione del conflitto. Finché ci sarà chi, come il sindaco Marigo, continua a usare formule neutre per edulcorare la realtà, senza mai assumersi il coraggio di nominare responsabilità storiche, ogni patto resterà carta vuota e retorica sterile. È grave che la massima rappres...

A margine del voto del 4 marzo

PARLAMENTO SENZA UNA MAGGIORANZA MA LA COLPA E' VERAMENTE DELLA LEGGE ELETTORALE?                                            di Alex CIONI

La legge elettorale con la quale abbiamo votato ha alcune e odiose particolarità che l'hanno resa senza dubbio un cattivo sistema elettorale, anche se molti la contestano (sbagliando) ritenendola responsabile della situazione di stallo nella quale ci troviamo, ovvero sia senza una maggioranza parlamentare in grado di formare un governo. 
Inversamente, ciò che va criticato del Rosatellum, sono casomai le pluiricandidature o i listini bloccati scelti dalle segreterie di partito. Come si sa, i partiti (tutti o quasi) non hanno scelto quasi mai i candidati da piazzare nei posti vincenti sulla base di competenze particolari, o su base di un radicamento territoriale, o secondo un principio meritocratico di selezione interna legato alla militanza, ma secondo criteri di giudizio tutt'altro che nobili. Giusto che un capo si circondi di persone fidate, altra cosa è circondarsi di yes-man. Un criterio già rodato per la verità, che ha prodotto l'elezione di soggetti che si ritrovano ancora sulle spalle dei contribuenti grazie al paracadute del proporzionale o alla candidatura nell'uninominale, cioè a nome e per conto della coalizione vincente. 
Non v'è dubbio che così non si costruisce una classe dirigente seria: tutti lo dicono ma una volta messi alla prova quasi nessuno fa seguire le parole ai fatti. 
Comunque sia, non è questo il tema della riflessione odierna. In questi giorni di noioso dibattito su quale maggioranza potrà nascere per formare un Governo, tutte le parti in causa accusano la legge elettorale del nefasto risultato. Se così fosse, la domanda di un ingenuo sarebbe questa: siccome l'esito era ampiamente prevedibile già un anno fa, come mai più di tre quarti del parlamento hanno votato un sistema elettorale di questo tipo?
L'articolo che linko a margine di queste righe, invece, certifica inequivocabilmente che la responsabilità, se così si può definire, è in primis del popolo italiano che si è espresso distribuendo il consenso verso tre poli.  
Dinnanzi ad uno scenario del genere, nessuna legge elettorale (costituzionalmente ineccepibile) avrebbe prodotto una maggioranza parlamentare. 
A margine degli equilibri in campo, la classe dirigente dei partiti presenti in parlamento non ha molta scelta. Una modifica della legge elettorale che introduca il premi di maggioranza abbassando la percentuale sotto il 40% è uno scenario a mio parere improbabile anche per questioni di costituzionalità. Questo vuol dire solo una cosa: o i partiti ne prendono atto e si assumono la responsabilità di un "inciucio", o restiamo nel pantano per lungo tempo. Cosa per altro meno drammatica di quel che si pensa se consideriamo i (mal)governi degli ultimi anni.  
ARTICOLO "NON E' COLPA DEL ROSATELLUM" CLICCA QUI

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