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Schio, Cioni (FdI) attacca: “Recesso da AVA? Ipotesi irresponsabile. Il servizio pubblico non è un pallone da portarsi via quando si perde la partita”

  S i accende il confronto politico attorno all’ipotesi -circolata negli ultimi giorni - di un possibile recesso del Comune di Schio da AVA , la società pubblica che gestisce impianti e servizi ambientali dell’ Alto Vicentino . A intervenire è il capogruppo di Fratelli d’Italia a Palazzo Garbin , Alex Cioni , che definisce l’eventualità “politicamente grave e senza precedenti”. Secondo Cioni, la questione nasce dopo la netta sconfitta del Comune di Schio nell’assemblea dei soci, che a larga maggioranza ha approvato la fusione tra AVA e Soraris .    A fronte di quella decisione, “pensare di reagire come quel bambino che, non potendo più giocare, si porta via il pallone, è un atteggiamento che fotografa in modo inequivocabile l’inadeguatezza di questa amministrazione e della sua maggioranza” - afferma l’esponente di FdI. “Il futuro del servizio pubblico e di un impianto strategico dell’Alto Vicentino non può essere gestito con scatti emotivi. L’auspicio è che si tratti...

71° anniversario dell'eccidio di Schio. La città commemora la strage partigiana


A 71 ANNI DAL MASSACRO PARTIGIANO E DALLA RECENTE MEDAGLIA ALL'ULTIMO DEGLI ASSASSINI IN VITA, RICORDIAMO SCEVRI DA OGNI SENTIMENTO DI ODIO

Nella notte tra il 6 e il 7 luglio del 1945 un gruppo di partigiani della Divisione garibaldina "Ateo Garemi", capitanata da Piva Igino e Bortoloso Valentino (quest'ultimo ancora in vita e noto altresì per la recente polemica sul riconoscimento del Governo per meriti nella lotta della Resistenza), irruppe nelle carceri mandamentali scledensi uccidendo a colpi di mitraglia 54 persone, tra cui 14 donne (la più giovane di 16 anni e una pare in gravidanza). 
Nella mattanza ne vennero ferite numerose altre, mentre alcuni detenuti coperti dai corpi dei caduti si salvarono indenni. 

Va detto che dopo un'approssimativa cernita, che suscitò contrasti tra gli stessi fucilatori, alcuni proposero che fossero risparmiate almeno le donne, che in genere non erano state arrestate per responsabilità personale ma solo fermate per legami personali con fascisti o per indurle a testimoniare nell’inchiesta in corso. 
Fu proprio il Bortoloso in arte “Teppa” ad opporsi dicendo: “gli ordini sono ordini e vanno eseguiti“, non disse da chi provenivano gli ordini, e non fu mai accertato, nonostante un processo apposito nel 1956.
A mattanza terminata i "soccorritori" trovarono il sangue che colava sulla scala e sul cortile, arrivando fino sulla strada. La "giustizia" partigiana si era compiuta.
Come accade da oltre vent'anni la nostra Comunità militante ricorda questo tragico e criminale fatto di sangue compiuto ad ostilità concluse. 
Questa sera 7 alle ore 19.00 presenzieremo alla S. Messa in duomo mentre successivamente sarà deposto un mazzo di fiori nel luogo del massacro partigiano.
Non per odio, non per rivalsa, né per fomentare rancori che non appartengono a chi appartiene alla nostra Comunità: "solo" per dovere di memoria e di verità affinché fatti così drammatici non siano seppelliti nell'oblio del politicamente corretto e delle verità storiografiche confezionate.

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