S i accende il confronto politico attorno all’ipotesi -circolata negli ultimi giorni - di un possibile recesso del Comune di Schio da AVA , la società pubblica che gestisce impianti e servizi ambientali dell’ Alto Vicentino . A intervenire è il capogruppo di Fratelli d’Italia a Palazzo Garbin , Alex Cioni , che definisce l’eventualità “politicamente grave e senza precedenti”. Secondo Cioni, la questione nasce dopo la netta sconfitta del Comune di Schio nell’assemblea dei soci, che a larga maggioranza ha approvato la fusione tra AVA e Soraris . A fronte di quella decisione, “pensare di reagire come quel bambino che, non potendo più giocare, si porta via il pallone, è un atteggiamento che fotografa in modo inequivocabile l’inadeguatezza di questa amministrazione e della sua maggioranza” - afferma l’esponente di FdI. “Il futuro del servizio pubblico e di un impianto strategico dell’Alto Vicentino non può essere gestito con scatti emotivi. L’auspicio è che si tratti...
✅ Schio: una cerimonia pubblica e istituzionale per ricordare le vittime dell’eccidio. Superiamo il Patto del 2005/VIDEO
Sabato pomeriggio si è tenuto l’incontro per il ventennale del Patto di Concordia Civica, sottoscritto nel 2005 da Comune, ANPI, AVL e dall’Associazione Famigliari delle Vittime dell’Eccidio.
L’assenza del sindaco Cristina Marigo è stata notata e sottolineata da diversi partecipanti, tra cui l’ex sindaco Luigi Dalla Via. A rappresentare l’Amministrazione è intervenuto l’assessore alla cultura Marco Gianesini. In un momento politicamente delicato, la decisione della prima cittadina di non presenziare è apparsa come un segnale poco incoraggiante, soprattutto alla luce delle sue dichiarazioni alla stampa, per molti versi discutibili. Va comunque riconosciuto all’assessore Gianesini il merito di averci messo la faccia e di aver assunto la responsabilità istituzionale della presenza, mentre altri hanno preferito restare defilati.
Dopo un’introduzione celebrativa sulla genesi del Patto, si sono succeduti interventi dai toni concilianti e ricchi di buone intenzioni. Parole nobili, certamente, ma poco incisive.
Nessuno ha avuto il coraggio di affrontare il vero nodo: perché, a distanza di vent’anni dalla firma del Patto, Schio continua a dividersi ogni 7 luglio?
Almeno il presidente dell’ANPI, Danilo Andriollo, ha avuto l’onestà di ricordare che per la sua associazione “non è accettabile” che i "fascisti" ricordino quei morti. Una posizione netta, che però ignora due fatti fondamentali.
Primo: da quasi vent’anni, le commemorazioni del 7 luglio promosse da rappresentanti della destra, anche con incarichi istituzionali, si sono sempre svolte nel pieno rispetto delle regole, in forma sobria e composta. Nessun intento provocatorio, nessun atto che potesse giustificare reazioni scomposte o la pretesa di chi vuole esercitare un controllo politico e morale sulla memoria collettiva.
Secondo: è bene ricordare che fu proprio l’ANPI, insieme a centri sociali e alla sinistra antagonista, a scendere in piazza nel 2020 con slogan e atteggiamenti ben lontani dallo spirito di "concordia" (clicca qui per il video). In quella giornata, la semplice deposizione di un mazzo di fiori dopo la messa solenne, da parte mia, dell’allora assessore regionale Elena Donazzan e di alcuni cittadini, fu comunque bollata come gesto provocatorio da parte dei manifestanti con bandiere rosse. La manifestazione si concluse con scontri tra manifestanti e forze dell’ordine: un fatto che dimostra con chiarezza da quale parte, nei fatti, viene alimentata la tensione.
Nel corso dell'incontro, il consigliere comunale della sinistra radicale Carlo Cunegato ha riproposto il suo consueto teatrino, alzando i toni persino mentre chiedevo di intervenire. Le mie parole, pronunciate con rispetto e misura, sono state accolte in modo scomposto da chi continua a considerare la memoria un’esclusiva di una sola parte politica. Un atteggiamento che contraddice clamorosamente i principi di democrazia e libertà di espressione tanto sbandierati da alcune vecchi soloni benpensanti dell’antifascismo militante locale.
Ho provato a ricordare che la vera concordia e pacificazione si fondano sull’accettazione del pluralismo, anche verso chi ha idee politiche diametralmente opposte. È qui che risiede la vera essenza della libertà e la credibilità di chi si proclama difensore di certi valori, salvo poi applicarli a corrente alternata. Non accettare che qualcuno ricordi dei morti di una guerra civile, solo perché “fuori dal perimetro del Patto”, non è esattamente ciò che si definisce democratico.
Del resto, quelle vittime appartengono alla storia della città e della nazione, non soltanto ai familiari, molti dei quali, va detto, oggi mostrano un disinteresse evidente. Quei morti appartengono a tutti, e a chiunque voglia onorarli nel rispetto.
Furono vittime di una giustizia sommaria e vigliacca, come troppe in quel tragico dopoguerra, inflitta a fascisti o presunti tali.
Cari compagni, la memoria non è concordia se è selettiva; non è pace quella che esclude e divide. E non può continuare ad essere custodita da chi, ancora oggi, giustifica o minimizza crimini commessi in nome di una “rivoluzione” che puntava a trascinare l’Italia nell’orbita sovietica che solo l’accordo di Yalta impedì che ciò accadesse. Oggi non serve accademia storica, ma responsabilità politica.
Come Fratelli d’Italia, valuteremo in questi giorni se riproporre in Consiglio comunale l’ordine del giorno presentato già nel 2020, con il quale chiedevamo che fosse il Comune a farsi carico dell’organizzazione di una cerimonia in memoria delle vittime, superando anche gli aspetti di ambiguità contenuti nel Patto del 2005.
Nella stessa occasione, rilanceremo anche la proposta di conferire la cittadinanza onoraria alla dottoressa Anna Vescovi.
È tempo che il 7 luglio diventi un momento sobrio, civile e istituzionale, vissuto a nome dell’intera città, non di una sola fazione. Sappiamo che, su fatti così drammatici come le ferite di una guerra civile, una memoria condivisa è difficile, forse impossibile da raggiungere pienamente. Tuttavia, possiamo e dobbiamo impegnarci affinché il rispetto reciproco, l’ascolto e la volontà di costruire insieme una comunità più unita e consapevole della propria storia diventino un’occasione di crescita civile e non di divisione.