Sulle pagine de Il Giornale di Vicenza ho letto con interesse l'editoriale sulla vicenda del Bocciodromo di Vicenza, ma non posso fare a meno di evidenziare come, ancora una volta, si tenda a giustificare ambienti politici estremisti e le loro azioni illegali, con il solito argomento del "vuoto per i giovani”. È compito anche della politica lavorare per individuare delle opportunità di aggregazione ai giovani, ma la politica non può accettare o tollerare gruppi che strumentalizzano i bisogni giovanili per inserirli in ambienti estremisti e sovversivi. I giovani meritano spazi sani, non luoghi dove l'illegalità diventa prassi e la militanza politica si trasforma in antagonismo sistematico verso le istituzioni.
Nell'editoriale si afferma che “dentro al Bocciodromo, piaccia o non piaccia, hanno trovato risposta una serie di esigenze giovanili ed eventi - tipo concerti - che allo stato attuale fanno fatica a trovare spazio in città”.
Si tratta di un problema reale e nessuno nega la necessità di luoghi di aggregazione.
Tuttavia, sostenere che l'unica soluzione sia trovare un'altra sede, senza alcuna riflessione su chi e come gestisce questi spazi, è un approccio a mio sommesso parere sbagliato.
La città deve offrire luoghi di aggregazione sani, non zone franche dove la legalità viene aggirata con l'occupazione abusiva. E lo dico conoscendo bene questa realtà essendo di Schio, una città che da quasi vent’anni convive forzatamente con questo genere di realtà.

A Schio esiste il centro sociale Arcadia, storicamente legato agli attivisti del Bocciodromo di Vicenza. La loro attività è iniziata nei primi anni duemila con una serie di occupazioni per poi trovare la complicità dell’amministrazione comunale di centro sinistra prima, e oggi della giunta civica guidata prima da Valter Orsi e ora da Cristina Marigo. Questo nonostante le forzature, le pressioni politiche, i toni usati nei confronti delle istituzioni e degli avversari politici siano gli stessi. Ecco perché sappiamo bene che il problema non è semplicemente la “mancanza di spazi”, ma una precisa strategia di occupazione e pressione per ottenere e gestire autonomamente luoghi al di fuori delle regole condivise e delle normali dinamiche istituzionali.
Trovo inoltre fuori luogo accusare di “toni eccessivi” chi difende la legalità e il rispetto delle istituzioni. A mio parere, è ancora più sbagliato il ricorso a narrazioni giustificazioniste che, di fatto, legittimano pratiche illecite. Un messaggio del genere è pericoloso, perché alimenta l'idea che chi forza la mano per ottenere spazi pubblici e riconoscimento politico, prima o poi ottiene soddisfazione. A mio parere serve responsabilità, non indulgenza.