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Schio, Cioni (FdI) attacca: “Recesso da AVA? Ipotesi irresponsabile. Il servizio pubblico non è un pallone da portarsi via quando si perde la partita”

  S i accende il confronto politico attorno all’ipotesi -circolata negli ultimi giorni - di un possibile recesso del Comune di Schio da AVA , la società pubblica che gestisce impianti e servizi ambientali dell’ Alto Vicentino . A intervenire è il capogruppo di Fratelli d’Italia a Palazzo Garbin , Alex Cioni , che definisce l’eventualità “politicamente grave e senza precedenti”. Secondo Cioni, la questione nasce dopo la netta sconfitta del Comune di Schio nell’assemblea dei soci, che a larga maggioranza ha approvato la fusione tra AVA e Soraris .    A fronte di quella decisione, “pensare di reagire come quel bambino che, non potendo più giocare, si porta via il pallone, è un atteggiamento che fotografa in modo inequivocabile l’inadeguatezza di questa amministrazione e della sua maggioranza” - afferma l’esponente di FdI. “Il futuro del servizio pubblico e di un impianto strategico dell’Alto Vicentino non può essere gestito con scatti emotivi. L’auspicio è che si tratti...

CIONI E DONAZZAN DA BASTONARE. ARCHIVIATA LA QUERELA PRESENTATA DAL CONSIGLIERE COMUNALE SCLEDENSE PER ISTIGAZIONE ALL'ODIO E ALLA VIOLENZA

Archiviata per “infondatezza della notizia di reato” (art. 408 c0.2 c.p.p.) la querela per incitamento all’odio e alla violenza presentata l’anno scorso dal consigliere Alex Cioni per alcune minacce che l’esponente di Fratelli d’Italia e l’assessore regionale Elena Donazzan avevano subito in un commento riportato sulla pagina Facebook di “Schio antifascista” collegata al centro sociale Arcadia che da oltre un mese sta occupando abusivamente un capannone di proprietà comunale. 

In sostanza i due commenti segnalati "consigliavano" di usare la violenza invitando a bastonare Cioni e la Donazzan "quando sono soli": << Nonostante sia ben consapevole che certe querele finiscono sorprendentemente in un nulla di fatto, mi domando se sarebbe finita allo stesso modo se le medesime minacce fossero state scritte da un'attivista di destra >>

Pur tuttavia è giuridicamente un fatto assodato che le parole ostili scritte sui social network possono integrare reati non solo per diffamazione ma anche quando si tratta di minacce o di istigazione alla violenza. 

Il capogruppo di SchioCittà Capoluogo rammenta quando una donna padovana venne << giustamente >> condannata per aver scritto su Facebook, a proposito dell'allora ministro Cecile Kyenge, “mai nessuno che se la stupri”: << Evidentemente, per come va la giustizia in Italia – conclude Cioni – per alcuni giudici ci sono minacce di serie a e minacce di serie b, ovvero alcune vanno prese in considerazione seriamente, altre vanno cestinate in base al credo politico delle vittime e degli aggressori >>.

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