Alcune considerazioni sul fenomeno dei migranti


EMERGENZA PROFUGHI: IL CAVALLO DI TROIA PER LA GRANDE SOSTITUZIONE                  di Alessandro Cavallini


Da decenni, ormai, ci sentiamo dire che l’immigrazione è un fatto ineluttabile e che contrastarla significa collocarsi fuori dalla storia. Eppure sono almeno due le critiche che si possono fare a questo dettame del politicamente corretto: la prima è che tutti i fenomeni umani, in quanto tali, sono sempre governabili e gestibili; la seconda è che, in materia immigratoria, negli ultimi anni stiamo assistendo a nuove caratteristiche del fenomeno, dimostrando così coi fatti la sua mutabilità. 
Se ci pensate un attimo (cosa certamente difficile nell’era degli smartphone…) c’è stato un grande cambiamento dell’immigrazione. Fino a qualche anno fa c’erano solamente due categorie di immigrati: quelli regolari, arrivati con un formale contratto di lavoro, e quelli clandestini. 
Queste due figure sembrano oggi appartenere alla preistoria. Entrambe sono state soppiantate dall’idealtypus del profugo. 
Non passa giorno che i telegiornali non parlino di sbarchi di stranieri arrivati tutti, ovviamente, dalle zone di guerra. 
Affermazione che stride un po’ con la presenza massiccia di giovani uomini, essendo donne, bambini ed anziani una piccola minoranza. Una volta sarebbero stati definiti disertori ma oggi i tempi sono cambiati. 
Non ditelo però ai nostri nonni e bisnonni, tutti tenaci combattenti nella Seconda Guerra Mondiale. Quelli sopravvissuti staranno inorridendo; i morti si staranno rivoltando nelle tombe o nelle desolate steppe russe da cui non sono più rientrati.
Tornando ai profughi, sono ben due gli effetti immediati che si ottengono dalla campagna propagandistica di questi anni.
La prima è che tutti debbano accettare queste persone. Chiunque osi parlare di costruzione di muri o di controllo dei flussi in arrivo, viene immediatamente tacciato e bollato con la più grande accusa del XXI secolo: quella di essere un razzista! 
Finchè si trattava di stranieri che venivano nel nostro paese in cerca di un posto di lavoro, si poteva anche tentare di opporvisi facendo spinta sulla leva della tutela della classe lavoratrice nazionale. 
Ma ora che tutti questi sono dei poveretti che scappano da bombardamenti ed atrocità della guerra, nessuno può più permettersi di dire anche solo una parola contraria. 
Certamente poi non tutti saranno identificati come profughi e le solerti commissioni costituite ad hoc ne decreteranno l’espulsione. Ma i giornali non ne parleranno mai né questi soggetti verranno realmente allontanati dal Belpaese. Il decreto di espulsione è un mero pezzo di carta non certo uno strumento reale di polizia come il Daspo nei confronti degli ultrà! 
Il secondo effetto è che, con la storia dei profughi, si è cambiato anche l’aspetto dell’immigrazione. Tutti gli immigrati sono extraeuropei, le uniche guerre riconosciute sono quelle del Continente Nero. Eppure anche in Ucraina si è sparato, ma i tecnocrati che ci governano ci hanno spiegato che trattavasi di guerra civile, perciò era una sorta di “guerra di serie B”. Speriamo che non venga tenuto il medesimo atteggiamento quando vi sarà un conflitto razziale in Europa. Grazie alle leggi permissive degli ultimi anni, i contendenti saranno tutti cittadini europei, senza distinzione di razza, religione o colore della pelle. Anche in quel caso ci spiegheranno che trattasi di mera guerra civile?
Questi esempi potranno sembrare paradossali ma rispecchiano la realtà dei fatti. L’immigrazione non è solo una questione sociale o di ordine pubblico ma è diventato l’argomento principale di una battaglia culturale che viene condotta avanti con mezzi sottili ma imponenti. 
Pensate solo al ruolo ricoperto negli ultimi anni dalla nostra presidente della Camera, Laura Boldrini. Con la scusa di ricoprire un ruolo istituzionale, non passa giorno senza che ci imbonisca con le sue prediche buoniste ed immigrazioniste. Certo, non ha potere legislativo ma l’influenza che riesce ad esercitare è maggiore di coloro che scaldano gli scranni del Parlamento. 
Ecco perché il termine profughi va rigettato con forza e consapevolezza. Oggi questi “profughi” ricoprono oggettivamente il ruolo degli antichi agit prop dell’ideologia comunista. A differenza di quest’ultimi, però, non devono nemmeno fare opera di propaganda; è sufficiente loro essere presenti in Europa e definirsi appunto profughi per portare avanti l’opera che Camus definisce Le Grand Remplacement, cioè La Grande Sostituzione.


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