La vittoria mutilata


SCHIO, CELEBRAZIONE IV NOVEMBRE: NON E' CON L'ESALTAZIONE DI UNO STANTIO PACIFISMO CHE SI ONORANO I CADUTI E SI PERSEGUE LA PACE

Dopo l'alzabandiera effettuato nella centrale piazza A. Rossi a Schio, stamani ho partecipato alla cerimonia del IV novembre organizzata al sacrario militare di SS Trinità. 
Festa delle Forze armate che ricorda la fine della vittoriosa Grande Guerra del 1918 che ha visto l'Italia completare il suo sogno Risorgimentale di unità nazionale che precedentemente non comprendeva l'italianissima Trieste e Trento. 
Una vittoria che poi gli alleati (francesi e inglesi) ci mutilarono per relegare l'Italia a semplice comparsa nonostante gli impegni presi e il tributo di sangue versato.
Ho ascoltato con attenzione gli interventi degli oratori in rappresentanza delle Autorità militari e civili presenti. Negli anni passati ho partecipato a varie cerimonie di questo tipo ma credo di non aver mai assistito ad una cerimonia così deprimente.
Tralascio il discorso del sindaco di San Vito di Leguzzano che, come capita spesso, ha confuso la ricorrenza del IV novembre con il 25 di aprile. 
Al di là di una evidente approssimazione storica relativa ad una lettura capziosa degli avvenimenti storici e politici, la reiterata ricerca di collegarsi al filone culturale pacifista, mi pare non abbia reso onore a chi ha sacrificata la propria vita al servizio della Patria. 
Di più però mi ha colpito negativamente l'intervento del rappresentante della locale sezione degli alpini in congedo. Dopo una breve elencazione cronologica relativa ad alcune battaglie (dalla Strafexpedition alla disfatta di Caporetto fino alla gloriosa resistenza sul Piave), il tenente si è lasciato andare ad una serie di elogi di natura politica tutti rivolti all'Unione europea, alla Nato, alla cosiddette missioni di pace, fino - dulcis in fundo - all'operazione Mare nostrum (sic); mentre, nemmeno una parola è stata riservata per la vergognosa situazione in cui si trovano i nostri due fucilieri di Marina Militare della San Marco Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.
Non che mi aspettassi delle orazioni dal sapore patriottico che talvolta rasentano una retorica altrettanto fastidiosa, ma almeno un pò di pudore e di rispetto verso coloro che la propria vita l'hanno donata con spirito di abnegazione, nonostante la scarsa credibilità dei vertici politici ed istituzionali che ieri come oggi sono la desolante rappresentazione della decadenza morale e spirituale, oltre che materiale, della nazione, sarebbe stato opportuno e giusto ascoltarle. 
Quindi preferisco ricordare quegli avvenimenti ascoltando la voce di Peppone, il sindaco comunista di Brescello immaginato negli anni '50 da Giovannino Guareschi (segue il link). 
Dal che si evince con chiarezza che nonostante si fosse nell'epoca del bianco e nero, è l'attuale mondo a colori a rappresentare una noia pesante e stantia, figlia di una stagione politica e culturale in uno stato di avanzata putrefazione.

Alex Cioni

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