Lavoratori, sull'articolo 18 siamo all'ennesima presa per il c...


SOLO UNA SERIA POLITICA INDUSTRIALE PUO' RILANCIARE IL LAVORO, NON DI CERTO UNA ULTERIORE DEREGOLAMENTAZIONE DEI CONTRATTI

La modifica dell'art. 18 è una presa per i fondelli per i lavoratori e per le imprese. Uno squallido tentativo per gettare fumo negli occhi degli italiani da parte di un Governo che vuol far credere di lavorare per riformare lo Stato quando in realtà non sa che fare se non rendere ancora più complicata la vita dei suoi cittadini. 

In realtà non c'è bisogno di essere dei giuristi del lavoro per sapere che l'occupazione non si crea permettendo di licenziare, visto tra l'altro che la tutela  - come dice lo stesso ‪Renzi‬ - riguarda la minoranza dei lavoratori dipendenti italiani. 

Certi "geni" che vanno da Sacconi e Renzi passando per Brunetta, sostengono l'urgenza di creare le premesse per snellire sia in ingresso che in uscita il mercato del lavoro quando sono a disposizione una selva di contratti che permettono tutto questo già oggi. 
Difatti chi assume ancora con contratti a tempo indeterminato? Nessuno o quasi! Caso mai sarebbe il caso di regolamentare e snellire questa giungla di contratti atipici, grazie ai quali la precarizzazione del lavoro è divenuta una regola non una eccezione (contrariamente di quanto ci dicevano pochi anni fa), mentre per rilanciare l'occupazione oltre che creare il lavoro attraverso una seria politica industriale (anche con investimenti statali), bisognerebbe diminuire i costi di natura fiscale e quelli connessi al mercato del lavoro. 

Mancano i soldi insistono i "geni"" del malgoverno tricolore. Lapalissiano! lo sanno anche i bambini dell'asilo ormai. Tuttavia, fino a quando lasceremo che la leva monetaria rimanga nella mani di quel "vile affarista" chiamato Mario Draghi - come lo definì il Presidente emerito Cossiga - e della Bce, limitandoci a gestire quella fiscale, saremo sempre limitati nel nostro spazio d'azione con le casse dello Stato sempre più dissanguate perché falcidiate dagli interessi che noi tutti paghiamo agli investitori sopratutto stranieri. Ciò detto, sarebbe anche il caso di chiarire che il debito pubblico non è un problema derivante dal deficit eccessivo ma lo è a causa dagli interessi eccessivi.

Uscire da questa situazione è possibile? Forse con l'arrivo del Califfo qualche speranza c'è anche se non si può dire che andremo in meglio. Ai posteri l'ardua sentenza.

Alex Cioni

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