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Schio – Via Verdi, Fratelli d’Italia: Va bene la sperimentazione, ma serve una regia complessiva. La nostra proposta: via Manin come accesso regolato da sud

L a questione della viabilità in via Verdi, utilizzata da anni come scorciatoia verso il centro storico nonostante il divieto ai non residenti in vigore dal 2010, torna al centro del dibattito politico.  I dati raccolti dal Comune a maggio 2025 parlano chiaro: oltre 1.000 veicoli al giorno, con il 70% che supera i 30 km/h. La giunta Marigo ha annunciato che dal 1° settembre al 31 dicembre sarà sperimentata l’inversione del senso di marcia, con entrata da via Manin/via San Gaetano e uscita verso via della Pozza, per ridurre i flussi non autorizzati. Per il gruppo consiliare di Fratelli d’Italia si tratta di un passo che può essere utile ma insufficiente se viene non inserito in un piano organico. “Via Verdi va alleggerita e lo diciamo da anni - afferma il capogruppo Alex Cioni - ma questo va fatto all’interno di una visione più ampia e funzionale della viabilità di accesso al centro. Può andare la fase di sperimentazione, ma serve congiuntamente una reale alternativa per chi arriv...

Sanità e sociale in Veneto: serve una svolta ispirata ai valori della destra sociale


Ieri sera (clicca qui), nella splendida cornice di Palazzo Moroni a Padova, ho partecipato a un interessante convegno promosso da Fratelli d'Italia sul tema della sanità veneta e della riforma del sistema sociosanitario in ATS. 
Un appuntamento utile, concreto, dove si è parlato non per slogan ma con serietà e competenza, mettendo al centro ciò che serve per migliorare davvero la sanità regionale.

Un relatore ha spiegato una cosa molto chiara: non possiamo più continuare a definire il sistema sanitario veneto un'eccellenza solo perché “meno peggio” rispetto ad altre regioni. Questo non significa sminuire ciò che funziona (e abbiamo molto che funziona), ma bisogna smettere di crogiolarsi sugli allori. La sanità va governata con coraggio e senso di responsabilità, facendo scelte lungimiranti e concrete.
Uno dei nodi centrali emersi è l’andamento demografico e l’invecchiamento progressivo della popolazione che comporterà nei prossimi anni un aumento costante della domanda di servizi sanitari e sociali. Questo è un argomento noto ma di cui - a mio parere - si parla sempre troppo poco. Non serve una laurea per capire che, con l’invecchiamento costante della popolazione, non si può continuare a raccontare che il problema delle liste d’attesa sia del tutto risolvibile. È un tema che va gestito con realismo, partendo dai dati concreti. Serve qualcuno che abbia il coraggio di dire la verità ai veneti, perché governare significa prepararsi oggi a ciò che inevitabilmente accadrà domani.
Altro punto critico è la carenza di personale sanitario. Penso ai medici, agli infermieri e agli operatori socio sanitari (OSS). Una carenza strutturale che rischia di mettere in crisi l’intero sistema se non si interviene con misure concrete e una programmazione seria. 
Va però tenuto conto che, se da un lato il settore privato ha creato nuovi sbocchi professionali, dall’altro in un Paese in glaciazione demografica manca la materia prima: i giovani che scelgano e portino avanti queste professioni. È un problema strutturale, che si riflette anche sulle nuove Case di Comunità, con il concreto rischio che diventino contenitori vuoti, privi del personale necessario per farle davvero funzionare.
E poi c’è il tema, fondamentale, dei medici di base: il presidio sanitario per eccellenza sul territorio, una figura insostituibile per i cittadini. Qui in Veneto, però, la situazione è allarmante: molti medici sono prossimi alla pensione e il ricambio generazionale è tutt’altro che garantito. Un numero consistente di medici di base andrà in pensione nei prossimi anni, aumentando il numero di zone scoperte o con carenza di personale. Un relatore ha poi sottolineato un aspetto tanto semplice quanto cruciale, ovvero che il medico di famiglia deve tornare a fare il medico, non l’impiegato.
Per chi sarà chiamato a governare la Regione, un altro banco di prova decisivo sarà la riforma degli Ambiti Territoriali Sociali (ATS). Occorre evitare che si traduca nell’ennesimo aumento di burocrazia e poltrone, cogliendo invece come l'opportunità per riorganizzare i servizi sociosanitari, rafforzando una collaborazione virtuosa tra pubblico e privato e mettendo al centro i reali bisogni dei cittadini. 

Non è un segreto che come Fratelli d’Italia abbiamo l’ambizione, nei prossimi mesi, di passare da socio di minoranza a socio di maggioranza del governo regionale. 
E in questo passaggio, gli amici padovani, hanno sostenuto la necessità di portare con forza i valori della destra sociale che si traduce in attenzione concreta agli ultimi, agli anziani, alle famiglie in difficoltà economica, a chi ha più bisogno. 
I numeri, del resto, parlano da soli. Secondo i dati ISTAT, in Veneto tra il 6,4% e il 7,6% della popolazione, cioè circa una persona su 14, ha rinunciato a curarsi tra il 2023 e il 2025, per motivi economici o per l’inaccessibilità dei servizi pubblici. Una percentuale in crescita rispetto agli anni precedenti. 
Nel frattempo, la spesa sanitaria privata continua ad aumentare. Un pensionato veneto spende in media 1.223 euro all’anno per curarsi (+4%), un lavoratore 1.145 euro (+6%). 
E cresce anche il numero di persone costrette a indebitarsi o a chiedere prestiti per affrontare spese sanitarie, con una media di 6.551 euro di debito per chi ha dovuto ricorrervi. 
Questi sono i dati reali. Per come la vediamo noi nessuno deve rinunciare a curarsi perché non può permetterselo. Questa vergogna deve finire! Il privato accreditato deve affiancare davvero il pubblico, non drenare risorse che finiscono per indebolire la sanità pubblica. 
Questa è la sfida che dobbiamo affrontare complessivamente per governare una sanità e un sistema sociale guardando al futuro con responsabilità mantenendo saldi i principi di  giustizia e solidarietà che ispirano la nostra tradizione politica.






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