CRISI E RECESSIONE: NON SIANO I POPOLI A PAGARE I DISASTRI DELLA FINANZA INTERNAZIONALE


Un dato incontrovertibile che emerge in questa fase storica di enormi tensioni e di sommovimenti internazionali, riguarda la globalizzazione economica che è stata accettata come una naturale evoluzione del libero mercato e ritenuta funzionale per lo sviluppo dell’economia reale, mentre i fatti dimostrano l’opposto: cioé che la globalizzazione così com'è è un dogma che sta gradualmente depauperando i popoli europei.
Come ha spiegato il nobel per l’economia Maurice Allais è “da folli mettere in concorrenza aree economiche con un costo del lavoro troppo differente, in quanto necessariamente la competizione dell’area più “povera” porterà l’area più “ricca” a calare i salari, oppure direttamente a trasferire la propria produzione dove la mano d’opera costa di meno”. A questo stato di cose poi s’aggiungono gli effetti di una economia drogata dalle ciniche quanto calcolate alchimie finanziarie verso cui i governi nazionali rispondono fiaccamente o, nel peggiore dei casi, in linea con le direttive emanate più o meno direttamente dalle medesime sanguisughe usurocratiche.
Purtroppo, nessuno pare aere il coraggio di entrare in guerra contro questi veri e propri criminali! Le celebri agenzie di rating, per fare un esempio, hanno una forza politica illimitata e totalmente priva di controlli da riuscire ad azzerare la sovranità di una nazione già di per sé in larga parte defraudata. Possiedono un potere che a mio avviso è illegittimo perché non sono altro che delle società private a scopo di lucro con dei conflitti di interessi evidentissimi, tra i responsabili di una speculazione finanziaria che negli ultimi anni ha mostrato il lato peggiore.

Se ci limitiamo a parlare della Madre Patria è banale rilevare che per decenni il potere politico gestito dal sistema partitocratico si è distinto colpevolmente per una cattivo modo di gestire il denaro pubblico. Usare i soldi dei cittadini per assicurarsi una rete clientelare utile a garantirsi un bacino elettorale è una prassi che ha coinvolto tutti quei partiti che un tempo rientravano nel cosiddetto "arco costituzionale". Per amore di verità è necessario dire che la politica non è la sola responsabile dell'attuale stato di cose, ma riguarda anche un diffuso modo di pensare che è intrinseco in molti italiani operanti nella cosiddetta società civile.
Propri per questa ragione sono convinto che da questa impasse non ne usciamo se ci limitiamo a scaricare le responsabilità sulla politica, anche se mi rendo conto che questo atteggiamento oggigiorno è un facile esercizio di retorica che ottiene molti consensi.
Tuttavia, il risanamento dei conti pubblici è un obbligo che il “sistema Italia” deve affrontare di petto, perciò tutti noi in quanto cittadini siamo chiamati ad un elevato senso patriottico e di responsabilità, perché il cammino da intraprendere per molti aspetti è obbligato e costringe l'autorità di governo alla riduzione dei costi riferiti alle spese correnti della Pubblica amministrazione, senza incidere radicalmente, è il mio auspicio, sui servizi offerti al cittadino; questione questa tutt'altro che scontata e facile da fare sopratutto.
Sono fermamente convinto che le parole d'ordine di novecentesca memoria siano oggi più che mai fuori dal tempo, però è altrettanto vero che una soluzione plausibile che dovremmo sbattere in faccia agli ignobili agenti della tecnocrazia finanziaria è di riconsegnare allo Stato le chiavi di casa garantendogli per lo meno un ruolo più autorevole nei settori strategici di interesse nazionale, ristabilendo il ruolo centrale ed il primato della politica sull'economia, intesa nel senso originario del termine come amministrazione della polis. 
Altro che privatizzare completamente l'Eni o Finmeccanica come qualcuno vorrebbe fare seguendo le svendite (sottolineo svendite) del patrimonio statale decise sul Britannia nel 1992 e dirette da una cricca di banchieri assecondati dai loro camerieri del centro-sinistra. E poi c'è il tema centrale della sovranità monetaria, perché la moneta deve essere svincolata dal potere delle banche (ganster) private, recuperandola come servizio e proprietà dello Stato e quindi dei cittadini. 

Mi rendo conto che non è una faccenda di poco conto muoversi in questa direzione e che la si può realizzare solamente all'interno del contesto di un’Unione europea che purtroppo è ancora molto lontana dall’essere un soggetto politico di primo piano. Tant'é che in Europa continuano a prevalere i particolarismi ed è assente una visione strategica d’insieme come ha dimostrato la secca bocciatura di Berlino verso gli “eurobond” proposti dal governo italiano durante la fase calda di agosto.
Comunque sia, se da un lato la politica dell'austerità ha lo scopo di ridurre il debito pubblico per arrivare alla meta del pareggio di bilancio, è altrettanto vero che il debito non può essere pagato esclusivamente dalle classi popolari e dai ceti medi, altrimenti il rischio che si corre è di diminuire ancora ulteriormente il potere d’acquisto dei cittadini aumentando di conseguenza la pressione deflazionista sui salari. Il che significa solo una cosa: ancora disoccupazione e aumento del deficit. Checché se ne dica, su un punto non si possono cedere posizioni: i sacrifici si accettano e si affrontano se si colpiscono anche le cause chiamando a risponderne gli artefici; altrimenti se il disastro creato dalla finanza mondiale verrà pagato solo dai popoli, tutte le misure dibattute rimarranno solo dei pannicelli caldi, utili forse ad affrontare l’emergenza ma non in prospettiva di un futuro che guardi oltre all'orizzonte.


Alex Cioni
componente comitato provinciale Pdl

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