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Schio – Via Verdi, Fratelli d’Italia: Va bene la sperimentazione, ma serve una regia complessiva. La nostra proposta: via Manin come accesso regolato da sud

L a questione della viabilità in via Verdi, utilizzata da anni come scorciatoia verso il centro storico nonostante il divieto ai non residenti in vigore dal 2010, torna al centro del dibattito politico.  I dati raccolti dal Comune a maggio 2025 parlano chiaro: oltre 1.000 veicoli al giorno, con il 70% che supera i 30 km/h. La giunta Marigo ha annunciato che dal 1° settembre al 31 dicembre sarà sperimentata l’inversione del senso di marcia, con entrata da via Manin/via San Gaetano e uscita verso via della Pozza, per ridurre i flussi non autorizzati. Per il gruppo consiliare di Fratelli d’Italia si tratta di un passo che può essere utile ma insufficiente se viene non inserito in un piano organico. “Via Verdi va alleggerita e lo diciamo da anni - afferma il capogruppo Alex Cioni - ma questo va fatto all’interno di una visione più ampia e funzionale della viabilità di accesso al centro. Può andare la fase di sperimentazione, ma serve congiuntamente una reale alternativa per chi arriv...

CIONI E DONAZZAN DA BASTONARE. ARCHIVIATA LA QUERELA PRESENTATA DAL CONSIGLIERE COMUNALE SCLEDENSE PER ISTIGAZIONE ALL'ODIO E ALLA VIOLENZA

Archiviata per “infondatezza della notizia di reato” (art. 408 c0.2 c.p.p.) la querela per incitamento all’odio e alla violenza presentata l’anno scorso dal consigliere Alex Cioni per alcune minacce che l’esponente di Fratelli d’Italia e l’assessore regionale Elena Donazzan avevano subito in un commento riportato sulla pagina Facebook di “Schio antifascista” collegata al centro sociale Arcadia che da oltre un mese sta occupando abusivamente un capannone di proprietà comunale. 

In sostanza i due commenti segnalati "consigliavano" di usare la violenza invitando a bastonare Cioni e la Donazzan "quando sono soli": << Nonostante sia ben consapevole che certe querele finiscono sorprendentemente in un nulla di fatto, mi domando se sarebbe finita allo stesso modo se le medesime minacce fossero state scritte da un'attivista di destra >>

Pur tuttavia è giuridicamente un fatto assodato che le parole ostili scritte sui social network possono integrare reati non solo per diffamazione ma anche quando si tratta di minacce o di istigazione alla violenza. 

Il capogruppo di SchioCittà Capoluogo rammenta quando una donna padovana venne << giustamente >> condannata per aver scritto su Facebook, a proposito dell'allora ministro Cecile Kyenge, “mai nessuno che se la stupri”: << Evidentemente, per come va la giustizia in Italia – conclude Cioni – per alcuni giudici ci sono minacce di serie a e minacce di serie b, ovvero alcune vanno prese in considerazione seriamente, altre vanno cestinate in base al credo politico delle vittime e degli aggressori >>.

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